Emanuela Ascari, Enzo Calibè, Stefano Canto, Federica Di Carlo, Daniela Di Maro, Leonardo Petrucci, Marion Tampon Lajarriette
Studio California / Milano
Nell'ambito di Studi Festival / 14-18 Marzo 2017
Focus 17 Marzo 2017
A cura di Andrea Lerda
Credits: Federica di Carlo, Flow, 2016 (dettaglio)
È recentissimo l’annuncio da parte del ricercatore Michael Gillon, che grazie al telescopio Trappist, installato in Cile, presso lo European Southern Observatory (Eso), ha comunicato al mondo l’esistenza di 7 nuovi pianeti, tre dei quali con caratteristiche di potenziale “abitabilità”. Ancora più “fresca” la notizia relativa alla discutibile decisione da parte del neoeletto Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, di ridurre drasticamente i fondi per l’Agenzia americana per la Protezione dell’Ambiente (EPA).
Due eventi che costituiscono il pretesto dal quale partire per tentare di raccontare questo progetto di mostra, che vede protagoniste le ricerche di sette giovani artisti le cui produzioni spaziano dal video all’installazione, dalla scultura al collage, dal wallpaper alla fotografia.
L’immersione costante all’interno di un presente fatto di contraddizioni, paradossi e provocazioni al limite del comprensibile, genera un clima di “smarrimento controllato” che ci spinge verso la ridefinizione costante degli equilibri che regolano ogni singola esperienza quotidiana.
Tutto questo si traduce in una sempre più marcata assenza di punti di riferimento in ambito geo-politico, economico e ambientale e di conseguenza, in nuove modalità di vivere e dare forma alla relazione tra percepito e vissuto.
All’interno di questo clima, la cultura digitale e la tecnoscienza, che apparentemente vengono percepite come uno strumento in grado di “connetterci” ad ogni angolo del globo, e con esso lo spazio extra terrestre, diventano due delle principali responsabili di un processo di allontanamento dalla primigenia relazione con la materia e con l’autenticità dell’esistenza.
In un contesto come quello descritto, probabilmente è giunto il momento di abbandonare le visioni nostalgiche che ancora puntano, in maniera forse fin troppo ambiziosa, al recupero di un rapporto tradizionale e sorretto da regole certe, con il vissuto quotidiano. Le archeologie del presente, poiché quelle del passato sono state ormai definitivamente triturate, si stanno forse trasformando in semplice materiale d’archivio sul quale iniziare una nuova sperimentazione in vista degli ulteriori cambiamenti futuri annunciati un pò in tutti i settori. Un processo che non ha più l’obiettivo di incidere sulla realtà, bensì di metabolizzarla, rielaborando gli equilibri e ridefinendo i nuovi “contrappesi” che caratterizzano e regolano la vita odierna.
Intanto che l’uomo cerca di capire se “restare” o “andare”, l’arte diventa l’ago della bilancia, il termometro che registra, testimonia, e racconta la pluralità di posizioni e sentimenti che vedono l’umanità protagonista disattenta di questa fase, testimoniando un bisogno evidente di individuare sempre e comunque un nuovo baricentro, quale fonte di equilibrio, grazie al quale reggersi in piedi, attraverso il quale mettere in evidenza criticità, defezioni, responsabilità, così come inediti punti di vista, possibili moniti e vie di fuga.
La mostra Contrappesi analizza il ruolo di transitorietà e di modulazione continua all’interno del vivere contemporaneo, cercando di evidenziare le nuove sfumature dello stato di “connessione reale” tra la sfera oggettiva e quella soggettiva, tra il mondo più vicino a noi, e dunque esperibile, e quello più distanze e irraggiungibile, ormai ben oltre i confini del mondo terrestre.
Termini come equilibrio, passaggio, connessione, memoria, presenza e assenza, vita e morte, costruzione e decostruzione, trasformazione e identità ricorrono in maniera emblematica all’interno di tutti i lavori esposti.