Fragilità manifesta
Testo di Andrea Lerda
Generazione 1945, abruzzese d’origine, Elio Torrieri cresce artisticamente nel fermento a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
Dopo la formazione a Urbino e la carriera in campo pubblicitario, nel 1970 incontra Christian Stein ed entra in contatto con la scena artistica torinese. È il tempo dell’Arte Povera; gli anni durante i quali la crisi ecologica esplode a livello internazionale; il momento in cui Arne Naess conia il termine “ecologia profonda”.
La parola antropocentrismo non è ancora così diffusa ma le azioni che cercano di indagare i termini e i caratteri della questione ambientale sono numerose. Dalla Land Art americana al lavoro di Piero Gilardi in Italia. Dagli artisti attivi nel centro Europa (gruppo OHO, gruppo TOK, Ana Lupas, Teresa Murak, Imre Butka, Zorka Saglova) alla ricerca di Giuseppe Penone in Piemonte, fino alla nascita del concetto ampliato di arte, di scultura sociale e alle azioni in Difesa della Natura di Joseph Beuys.
Per le immagini: courtesy Elio Torrieri
Elio Torrieri è figura schiva, che rifiuta di entrare a tutti gli effetti nel sistema dell’arte (in effetti questo non avverrà mai del tutto), che fatica ad accogliere dimaniche e richieste provenienti da questo mondo. Fattore decisivo per lo sviluppo della sua ricerca e per l’evoluzione della propria carriera. Ma questo non mina l’interesse che le opere prodotte in quei decenni possiedono.
Una serie di lavori inediti, in linea con il tempo che quella generazione di artisti sta vivendo, matura all’interno del suo studio.
Segni grafici, forme, linee, colori e materiali come la terra danno origine a due serie distinte di lavori.
La prima, realizzata su carta, sintetica e aperta, prende il via tra il 1969 e il 1970, nel medesimo periodo in cui fu celebrata la Prima Giornata Internazionale della Terra del 1970, momento storico che accende nelle sensibilità di molti artisti il richiamo a fare dell’arte per l’arte un’arte “per qualcosa”.
Più tardi, la seconda, materica, densa, evoluzione della ricerca precedente che nasce nei primi anni Novanta. Spazio formalmente “chiuso”, nel quale e dal quale rileggere l’universo naturale.
Per le immagini: courtesy Elio Torrieri
Il linguaggio che Elio Torrieri utilizza a partire da quel preciso momento storico è strumento che traduce gli stimoli e le suggestioni di un mondo che cambia.
Ecco spiegata la narrazione racchiusa nei disegni, fatta di particelle sospese e di palette dai colori cupi. Rimandi evidenti a uno stato di inquinamento in divenire ma, al tempo stesso, luoghi all’interno dei quali immaginare un ambiente “altro” verso il quale protendere.
Ed ecco tradotti i lavori realizzati con la terra, le cromie acide e innaturali e il tentativo di riscrittura della materia che è spazio di protesta, disincanto e attivazione dello sguardo.
Oggi come allora una riflessione sul tempo e sul cambiamento, in un momento storico di squilibri e di fragilità manifesta.
Per l'immagine: courtesy Elio Torrieri