La stanza dello Scirocco
Un progetto affascinante ed evocativo, che conferma la ricerca estremamente attenta di una delle giovani artiste italiane. Platform Green ha visitato la mostra, che continua da Prometeo Gallery, a Milano, fino al 12 maggio 2016.
Per l’importanza e l’unicità dei racconti che corredano il percorso espositivo, abbiamo deciso di riportare in versione integrale i testi che accompagnano la mostra.
Gabriella Ciancimino, Efendisiz Flow, 2016. Tecnica mista su tela e muro, dimensioni totali, 770 x 390 cm. Dimensioni della tela 290 x 245 cm e 300 x 290 cm. Courtesy Prometeo Galley, Milano
LA STANZA DELLO SCIROCCO
Testo di Daniela Bigi
“I wish I could’ve been a bird, so I could have flown back and forth between here and there to be with everyone”*.
Lo scriveva intorno al 1920 una donna del Sud Italia che frequentava i più radicali ambiti politici newyorkesi. Gabriella Ciancimino, siciliana, prende in prestito queste righe anonime per introdurci alla sua Stanza dello Scirocco.
L’architettura settecentesca annoverava in Sicilia, nelle dimore aristocratiche di campagna, dei confortevoli ambienti sotterranei, spesso decorati, che nei periodi estivi costituivano il più accogliente rifugio per sfuggire al caldo torrido portato dai venti di sud-est. Erano dette “camere dello scirocco”, ove la temperatura si abbassava grazie alle correnti di aria fresca che si generavano con lo scorrere dell’acqua, reso possibile dal sistema idraulico arabo dei qanat. Erano stanze che offrivano un refrigerio e che Ciancimino richiama oggi come metafora di una condizione di libertà.
L’artista conduce da tempo un’indagine intorno alle dinamiche di adattamento, di interazione e di auto-organizzazione dei flussi migratori di esseri umani e piante che legge come fenomeni di modificazione del paesaggio in virtù del loro oltrepassare i confini territoriali dei luoghi. Il paesaggio al quale pensa è essenzialmente un “luogo” di riflessione, ma anche di salvaguardia della memoria storica e insieme di azione collettiva.
Il suo lavoro ha avuto luogo in paesaggi differenti, il Marocco, la Sicilia, la Turchia e racconta di “coloro che vengono da lontano” e arrivano in quelle città portuali che lungo i secoli hanno mantenuto la funzione di gate d’ingresso per i flussi migratori. Ad affascinarla è l’atteggiamento libertario di uomini, donne e organismi vegetali, dei quali cerca di rintracciare quelle micro-storie che, nel passato come nel presente, si possano ricollegare alla grande storia della resistenza, storica per gli uni, biologica per gli altri.
A guidare questo nuovo progetto intervengono in particolare due input, il concetto di “ecologia sociale” formulato da Murray Bookchin nei primi anni settanta e perfezionato nei decenni successivi con progressivi sviluppi, e lo specifico concetto di “furor” che Giordano Bruno teorizza nei suoi Eroici Furori. È in queste pagine che Ciancimino incontra la spiegazione di quella concezione dell’amore “eroico”, dell’amore dell’uomo per la natura, che più si avvicina alla sua idea di “amore furioso”, quello che permette ai liberty flowers di resistere. I fiori resistenti, i Liberty Flowers, sono da anni al centro del suo operare, in termini sia di concentrazione figurale che di rimando simbolico. Sono i fiori delle piante endemiche, i fiori delle erbacce, che migrano, attecchiscono e crescono rigogliosi in terre sconosciute, lontani dai terreni di origine, in condizioni per lo più inospitali. Sono gli stessi fiori del terzo paesaggio, portatori di istanze di libertà e di resistenza. Un banner di seta con su scritto “The Liberty Flowers love to resist, the Resistant Flowers resist for love” accoglie lo spettatore all’ingresso della mostra e fornisce la chiave di lettura dei wall drawings, delle tele, dei disegni, della proiezione e delle sculture de La Stanza dello Scirocco (The room of Sirocco). L’artista l’ha pensata come una sintesi di pensiero ecologico, antropologico e libertario e l’ha realizzata attraverso un linguaggio che si muove contemporaneamente su più livelli, frutto a sua volta della contaminazione tra disegno, graffiti, graphic design, video e gli stilemi architettonici e decorativi che hanno intriso la cultura visiva siciliana dalla tradizione arabo-normanna fino al Liberty – uno stile, quest’ultimo, che nel suo ispirarsi alla natura e agli elementi strutturali che la intessono, viene assunto quasi con il valore dello slogan, viene scelto come angolazione privilegiata dalla quale guardare all’uomo.
Le contaminazioni, le stratificazioni, le coesistenze si ritrovano innanzitutto nei disegni, The Flow of Flowers, in cui la sovrapposizione di differenti livelli grafici – ottenuti con matite, acquarelli, con texture derivate da inchiostro su bottoni di metallo come fossero timbri su carta – restituisce la ricchezza dei segni e degli immaginari delle tante culture che più o meno pacificamente si sono sedimentate in terra siciliana, ma anche, e su altri piani, nel bagaglio biografico dell’artista.
Ma The Flow of Flowers non si può considerare soltanto un insieme di disegni, dobbiamo leggerlo come un paesaggio storico, costruito accostando alcuni tra i più famosi poster delle rivolte susseguitesi tra il 1968 e la rivoluzione in Egitto. L’artista modifica l’iconografia del pugno chiuso che è presente nella maggior parte dei poster ruotandola in un gesto di offerta dell’adonis annua l., un fiore rosso proveniente dall’area mediterranea comunemente conosciuto come “Red Morocco”, un’erbaccia dissidente, che l’uomo ha combattuto fin quasi a portarla all’estinzione. Nelle mappe che ritroviamo disegnate sulle tele e sui wall drawings continuano le sovrapposizioni: si tratta di mappe del Mediterraneo che si popolano di illustrazioni di piante sinantropiche, quelle piante che vivono strettamente associate all’uomo, quelle stesse che Clément definisce “vagabonde” perché si spostano con il vento, con il passaggio degli umani e degli animali, superando i confini geografici, crescendo nei luoghi di frontiera, appropriandosi degli spazi residuali. E lo stesso avviene nelle piccole sculture dei Liberty Flowers, dove il gioco di incastro tra i materiali e le forme connette il paesaggio agreste di ieri con quello urbano di oggi.
La Stanza dello Scirocco (The Room of Sirocco) nasce da una riflessione sul sentimento di nomadismo e sul conseguente senso di nostalgia derivato dallo stare dentro e fuori le linee di demarcazione nazionale. Una riflessione sul significato di frontiera, quel non luogo a ridosso di un limite che diviene area di transizione universale, terreno fertile per nuove relazioni ecologiche. La Stanza dello Scirocco è un invito a riflettere su come la frontiera possa divenire zona franca per un paesaggio ecologicamente modificato, le cui linee di demarcazione non siano segni divisori ma segmenti di confronto.
Il titolo della mostra sottintende la volontà di trovare un rifugio fresco in un clima infuocato dai conflitti.
In ordine dall'alto: Gabriella Ciancimino, La Stanza dello Scirocco, 2016. Installation view; The Flow of Flowers, 2016. Tecnica mista su carta, 100 x 70 cm; The Flow of Flowers, 2016. Tecnica mista su carta, 116 x 72 cm; Paesaggio di Scirocco, 2016. Mattoni, 30 x 112 cm; La Stanza dello Scirocco, 2016. Installation view.
Per tutte le immagini: courtesy Prometeo Gallery, Milano
LA STANZA DELLO SCIROCCO
Testo di Bartomeu Mari
Il calore dell’estate possiede tanti sostantivi e aggettivi nel Sud come i colori della neve nel Nord.
Si dice anche che la lingua araba abbia tante appellativi per l’amore.
Altre lingue e culture possiedono un grande vocabolario (declinano abbondanza di vocabolario) per oggetti, eventi o aspetti della nostra vita, che i tratti della modernità, l’industria, le tecnologie digitali, il debito pubblico o le guerre, fanno progressivamente scomparire o trasformano in altro prima che il cambiamento climatico ci sommerga d’acqua.
Il calore dell’estate è tradizionalmente, nel Sud Europa, una fonte di reddito per le economie in recessione che trovano nell’industria turistica un qualche sollievo stagionale. Gli abitanti del nord Europa abitualmente raggiungono ogni estate, le coste del Sud per godere delle temperature che i residenti, originari e trapiantati anch’essi abitualmente tentano di evitare.
La Stanza dello Scirocco è il titolo della mostra di Gabriella Ciancimino che affronta appunto il salto di qualità con il quale la storia distrugge e costruisce metafore: distrugge quelle che non significano più nulla e costruisce quelle nuove che possano raccogliere intorno a sé comunità che si formano per interesse o necessità.
Come in tutto il lavoro di Ciancimino, l’opera d’arte non è tanto un risultato quanto una disciplina, non è un fine ma un rituale. Sotto il mantello della ricerca scientifica hanno luogo eventi sono debitori della soggettività poetica che la mente produttiva del capitalismo non dovrebbe mai abolire. E se fosse possibile instaurare la produttività poetica come genere di costruzione del buonsenso? La ragione di essere dell’arte di Ciancimino, ci annuncia l’artista, ha le sue radici nell’interazione tra produzione estetica e consapevolezza ecologica partendo dal presupposto che l’ambito umano sia incluso in ciò che chiamiamo ecologia.
Negli ultimi tempi sembra che noi umani ci escludiamo dal problema ecologico quando, di fatto, siamo i principali attori della successione di squilibri che colpiscono (danneggiano, incidono su) la pelle del pianeta. Noi umani viviamo sulla pelle del pianeta così come le piante e la maggior parte degli esseri viventi.
Calore, esseri viventi e pelle del pianeta, sono condizioni fisiche alle quali fa riferimento La Stanza dello Scirocco.
In particolare, Ciancimino ricorre a due elementi che sono stati centrali nella sua opera sin dagli albori : le persone, denominate anche “esseri umani” e le piante. Entrambi apparteniamo al regno dei viventi ma ci differenzia la capacità di muoverci fra i paesaggi.
E cioè, le piante diffondono semi che viaggiano liberamente alla mercè dei venti, delle correnti o della deriva. Gli esseri umani invece devono attraversare frontiere e controlli di vario genere.
Ciancimino ha costruito una metafora potente perchè inaspettata: la mobilità letterale e reale non coincidono. Le due sono sottomesse alla pressione di una poetica che le politiche della paura e dell’esclusione gestiscono a beneficio di non si sa bene chi.
Nelle sere d’estate, lo scirocco, il vento del sud che trasporta molti gradi centigradi si avventa sulle terre del sud d’Europa, la Sicilia in primo luogo, una intreccio che senza cessare di essere isola è, di fatto un continente.
I colonizzatori europei impararono dai loro antecessori arabi, e questi dai loro predecessori, come costruire rifugi che gli risparmiassero l’afa, il fastidio (tormento) delle alte temperature. Proteggerci dal calore è qualcosa non può tradursi in una startegia di protezione globale. Le persone, come la temperatura, si evolvo liberamente, più o meno in balìa di correnti, venti o necessità.
Parliamo adesso per un attimo di quelle estensioni estetiche che Ciancimino produce in relazione alla costruzione delle nuove metafore di cui parlavo.
Oggi, quando le opere d’arte non sono entità materiali finite, definite e differenziate, sentiamo la necessità di trovare i mezzi per includere intenzioni e desideri nell’identità dell’oggetto artistico.Come se i mezzi, la tecnica o il genere non identificassero già l’opera. Come se l’oggetto artistico non fosse un risultato ma un passo in più in una complessa successione di negoziazioni (trattative) .
Le opere di Ciancimino, meritano che ci si soffermi un momento su di esse...
La Stanza dello Scirocco ha avuto origine con la mostra “Nel Mezzo del Mezzo” nella città di Palermo ad ottobre 2015. Nel Mezzo del Mezzo faceva riferimento alla condizione di doppio centro geografico della Sicilia che la pone in mezzo a ciò che fu un tempo il mare tra le terre, il Mediterraneo.
Nel 2014 e durante parte del 2015, il Mediterraneo è stato scenario di forti ondate migratorie, di fatto illegali ma reali e in gran parte circondate di violenta precarietà. A Palermo, l’opera di Ciancimino si è rivelata con un wall drawing di grandi dimensioni che affrontava appunto la visualizzazione di questa relazione improbabile ma vera tra piante che si muovono con libertà e esseri umani che non possono farlo. A metà strada tra la performance interattiva e la pittura dei muralisti messicani, l’opera di Ciancimino lascia adesso lo status di site specific, di monumento temporale in situ, per viaggiare, come le piante e i loro semi in ogni direzione immaginabile.
Ciancimino ha recuperato un’estetica propria delle culture popolari, que pone il motivo floreale al centro del decorativo e del rituale. Il motivo floreale, la linea curva, appare con la civilizzazione in opposizione alla linea retta, all’angolo e alla geometria. Di fatto, potremmo tentare di scrivere una storia dell’arte universale che si dispieghi attraverso l’opposizione tra il motivo floreale, curvilineo e il motivo geomerico di linee rette. All’inizio del XX secolo, la battaglia tra “l’art nouveau”e “l’art deco” ne sono l’espressione più eloquente che si trova pari oggi solo nella battaglia fra le forme organiche che l’architettura iper tecnologica oppone alle linee rette della scuola post moderna o minimalista.
Ma Ciancimino pone la sua opera nel rango dell’organico e dell’artigianale. In qualche modo a mio avviso contrasta con il paradigma macchinista dell’industrializzazione e colpisce il simbolo anonimo della rivendicazione libertaria, quello che unisce i molti che non hanno autore, in modo che tutti possiamo diventare autori.
In ordine: Gabriella Ciancimino, The Flow of Flowers, 2016. Tecnica mista su carta, 178 x 200 cm; La Stanza dello Scirocco, 2016. Installation view. Courtesy Prometeo Gallery, Milano
GABRIELLA CIANCIMINO / LA STANZA DELLO SCIROCCO
A cura di Daniela Bigi
Prometeo Gallery, Milan
Fino al 12 maggio 2016