Archeologo della Surmodernità
Maarten Vanden Eynde, più che un artista sensibile alle tematiche ambientali ed ecologiche, potrebbe essere definito un archeologo della surmodernità. Una figura particolarmente interessata a documentare e in un certo senso a catalogare, i prodotti dell'Era dell'Homo Stupidus Stupidus. (2009). In effetti, osservando il suo lavoro, ci troviamo di fronte ad una massiccia operazione di raccolta di materiali e di informazioni. L'enorme quantità di oggetti che quotidianamente vengono generati dalla società contemporanea sono diventati il nucleo centrale della ricerca dell'artista belga.
Maarten Vanden Eynde, Globe, 2013, metallo, legno, plastica, 850x850 cm. In ordine, prima immagine: veduta dell'installazione a November 2013, foto Morgane Rul; seconda immagine: veduta dell'installazione nell'inverno 2015, foto: Hadrien Franceschini. Courtesy: Le Vent des Forêts, France.
Maarten Vanden Eynde utilizza gli scarti del mondo odierno come pretesto per indurci a riflettere.
La sua costante elaborazione estetica, formale e concettuale attorno al tema degli 'rimasugli' plastici prodotti dall'uomo, prefigura la nascita di una nuova branchia per la paleontologia moderna: quella plastica. Le creazioni dell'artista si muovono tra presente e futuro. Nel momento in cui nascono, danno vita ad eccentrici souvenir (di piccole o grandi dimensioni) da osservare: presenze già museali, che testimoniano il frutto dell'eredità umana sulla Terra. Una moderna raccolta di mirabilia di ultima generazione, che inevitabilmente smuove gli animi e testimonia la devastazione in corso nei mari, fiumi e suoli.
Ma esse, allo stesso tempo, sono già nel futuro, pronte a essere riportate alla luce dalle nuove generazioni di esploratori, che in epoche lontane dalla nostra, avranno il compito di tracciare le origini del loro tempo.
Maarten Vanden Eynde, Paleontologic Plastic, 2013, teca in legno, plastica, dimensioni variabili. Courtesy: Meessen De Clercq Gallery, Brussels. Foto: Meessen De Clercq Gallery e Maarten Vanden Eynde (per il dettaglio)
Così, Globe (2013) è una gigantesca sfera di 8,5 metri di diametro, realizzata con differenti tipi di oggetti di scarto, raccolti tra i rifiuti abbandonati. Questo enorme globo simbolizza il nostro costante bisogno di collezionare oggetti e il relativo problema di come fare a smaltirli, nel momento in cui essi perdono la loro funzione originaria. Collocata sulla vecchia discarica del piccolo villaggio di Rupt devant Saint Mihiel, in futuro diventerà una meta turistica, un luogo dove andare a riflettere sulla natura umana.
In 1000 Miles Away From Home (2009-2013), 5 piccoli mappamondi in vetro simboleggiano invece i 5 maggiori oceani, all'interno dei quali, ad opera delle correnti, si stanno formando delle vere e proprie sacche di detriti plastici, ormai ben noti. Scuotendo l'acqua presente al loro interno, si riproduce l'inquietante fenomeno dei vortici plastici nei mari.
Maarten Vanden Eynde, 1000 Miles Away From Home, 2009-2013, base in legno, globe di vetro, acqua distillata, particelle di plastica. Courtesy: Meessen De Clercq Gallery, Brussels. Foto: Meessen De Clercq Gallery