VERSO MONTAGNE VERGINI
Quello della montagna è un soggetto antico, un'icona che da secoli suscita emozioni e spinge l'uomo a interagire con le sue forze misteriose.
L'esperienza di esplorare e di raggiungere le cime più alte, passando per sentieri ripidi e sconosciuti, coincide forse con il costante bisogno dell'uomo, di aggiungere ogni giorno un tassello nuovo alla comprensione dell'esistenza.
Petra Lindholm, The approach , 2014, assemblaggio, 58x34 cm. Courtesy Galleria Magnus Karlsson
La montagna racchiude in sé la bellezza di una natura incontaminata e il pericolo di un luogo selvaggio e ostile. Ora ci attrae, ora ci respinge, fondendo emozioni positive e negative in un cocktail alchemico dal sapore sublime.
Petra Lindholm, artista di origini finlandesi, interpreta e rappresenta da tempo la montagna, attraverso differenti chiavi di lettura.
Come simbolo del bisogno odierno di raggiungere la vetta, quella sociale, in quanto occasione di auto affermazione (Empty Vessels, 2014). Oppure, come la tendenza che spinge un numero sempre maggiore di persone a compiere spedizioni alpinistiche che un tempo erano accessibili solamente agli scalatori più preparati ed esperti. Ne è un esempio ciò che accade sul monte Everest, ormai da tempo meta di 'appassionati di montagna', che hanno dato vita ad una nuova forma di turismo di massa d'alta quota. Fenomeno che purtroppo porta con sé l'inciviltà della razza umana, per sua natura portata a lasciare traccia del suo passaggio in ogni luogo (il riferimento è quello alla spazzatura abbandonata lungo le vie di salita e di discesa).
In ordine: Petra Lindholm, Desert, 2014, stampa glicée, 71x35 cm; Virgin Mountain 1, 2014, stampa glicée, 71x30 cm; Layers of life, 2014, assemblaggio, 41x61 cm; The whale bay, 2014, assemblaggio, 41x50 cm. Courtesy Galleria Magnus Karlsson
O ancora, montagna come occasione di incontro intimo con se stessi. Luogo del ricordo, della memoria e dell'esperienza nostalgica. Sono le Alpi il teatro che fa da sfondo alla storia tra Anne-Marie (zia del nonno dell'artista) e Mr. Obolensky. Un amore interrotto a causa della fuga obbligata dell'uomo dalla Finlandia allo scoppio della guerra di inizio Novecento. Il dolore per la perdita dell'amato, che causa ad Anne-Marie un periodo di malattia, la conducono in un sanatorio nelle Alpi, luogo dove ritrovare conforto e salute fisica.
Da questa storia e dagli scatti fotografici in bianco e nero che la donna ha realizzato nelle Alpi, nasce il progetto For Anne-Marie (2010), un racconto intimo ed emozionante composto da fotografie, sculture, video e musiche.
Un viaggio a ritroso, ripercorso in maniera delicata e poetica. Un'esperienza caratterizzata da toni luminosi ed eterei, nella quale la montagna diventa una presenza confortante, in grado di ridare pace e calore.
Le opere di Petra Lindholm sono pillole di emozioni dai contorni raffinati. Rappresentazioni di una natura dolce e lenta, che è ancora in grado di ascoltare le richieste di aiuto del viandante solitario.
In ordine: Petra Lindholm, Last Glacier, 2014, assemblaggio, 41x61 cm; Sync, 2014, assemblaggio, 36x53 cm; Virgin Mountain 2, 2014, stampa glicée, 71x30 cm; Virgin Mountain, 2014, stampa glicée. Courtesy Galleria Magnus Karlsson
I recenti lavori proseguono lo studio del soggetto montano. Il nuovo sentiero artistico intrapreso contiene ulteriori letture e rappresentazioni dei paesaggi d'alta quota che l'artista ha conosciuto in seguito alla permanenza di otto mesi sulle montagne più alte al monto, a Kathmandu, in Nepal.
Ora traspare tutta l'attenzione di Petra Lindholm per l'impatto che l'uomo ha sulla natura.
Esploratori curiosi e ambiziosi, assetati di sfide al limite del possibile, tentano di dominare una montagna che si identifica come il simbolo di un desiderio più generale, presente nella società contemporanea: il sogno di toccare la vetta e di raggiungere obiettivi ogni giorno più in alto.
Ma le proporzioni non mentono: la figura umana non è che una presenza insignificante all'interno di un paesaggio severo e maestoso.
In ordine: Petra Lindholm, Four Leaf Clover II, 2011, stampa digitale, pigmenti colorati, 79x129 cm; Four Leaf Clover III, 2011, stampa digitale, pigmenti colorati, 79x129 cm; C-Moll, 2014, stampa glicée, pigmenti, 30x42 cm ciascuna. Courtesy Galleria Magnus Karlsson
Ora la produzione artistica si evolve e compare l'impiego di nuovi materiali.
L'artista lascia da parte la strumentazione audio-video per lavorare a mano. E' un lavoro che nasce in maniera più lenta, intima e autentica.
Forse un messaggio e un invito per ognuno di noi, a rallentare e riassaporare un nuovo modo di camminare nel mondo.
La prospettiva rinascimentale sembra essere stata messa da parte e tutto si svolge su un solo piano, o meglio, su più piani e livelli sovrapposti. La montagna diventa l'ambientazione per raccontare un'esperienza. L'uomo, quello che l'artista ha visto confrontarsi con il viaggio, viene rappresentato come un'ombra che marcia silenziosa, consapevole della sua condizione. Traspare tutta la fatica e la lentezza di un gesto di relazione intima con l'infinito. Di un bisogno viscerale dell'essere umano di ricercare la strada che lo conduca verso una nuova meta, forse quella di cui nessuno conosce l'esistenza.
'Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile, o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è una fonte del sublime; ossia è ciò che produce la più forte emozione che l'uomo sia capace di sentire. [...]. La grandezza di dimensione è una forte causa del sublime. [...] cento iarde di terreno uniforme non produrranno mai un effetto simile a quello che produce una torre alta cento iarde appunto, o una rupe o una montagna della medesima altezza.'
Edmund Burke, Inchiesta sul Bello e il Sublime
PETRA LINDHOLM & WHITEOUT
Magnus Karlsson Gallery / Stoccolma
17.01.15 / 15.02.15