una conversazione con l'artista

i-dont-think-its-going-to-work-out

I do not think it is going to work out, 2013, cime di carota, recipiente in vetro, acqua, stecchini in legno. Dimensioni variabili, Courtesy l'artista.

Andrea Lerda
Nella tua ricerca è come se ponessi delle domande e cercassi di dare delle risposte a fenomeni e situazioni. Tutto ciò avviene, nella maggior parte dei casi, attraverso un dialogo diretto con gli elementi naturali o il contesto naturale più in generale. Che cos'è che muove questo tuo atteggiamento?

Esther Mathis
Sono sempre stata molto sensibile a ciò che mi circonda. In cerca del posto dove sto bene. Credo che tutte le cose che formano il nostro 'habitat' influenzino reazioni, letture, sentimenti e in fine anche decisioni che prendiamo.
Partendo da questo presupposto cerco connessioni e dialoghi diretti tra il circoscritto e il nucleo. Similitudini che in certi casi mi fanno scoprire che ci possono essere delle risposte o spiegazioni anche nei dettagli più piccoli.
Vorrei qui sottolineare che sono una ragazza cresciuta in città, ho cambiato tante volte casa-Paese. La natura, anche se non fa parte della mia vita quotidiana, é l'inizio di tutto. Così com'è l'ispirazione degli architetti per costruite una città in cemento.

 

salt 01

Salt, 05.08 - 27.08.14, Ulrich Görlich, MFA Förrlibuckstrasse 62, Zürich. Sale, acqua, plastica, lana, tappeto. Dimensioni variabili. Courtesy l'artista.

A.L.
Ho come la sensazione che in alcuni lavori, e faccio riferimento in modo particolare a 'I do not think it is going to work out' (2013) e a 'Salt' (2014), vi sia l'intenzione di veicolare messaggi molto precisi. La genesi, intesa come attimo e istante primordiale della vita è un tema che ricorre in entrambe le opere. Qual'è la chiave di lettura che intendi dare rispetto a questo tema?

E.M.
Sono due lavori molto diversi.
'I do not think it's going to work out' é un lavoro sulla cura che serve per far crescere una nuova pianta dalla fine del frutto (carota), che altrimenti andrebbe gettata. Se si perde il momento decisivo per seminare nuovamente la piantina che ha sviluppato radici in acqua, questa muore e non può continuare a crescere per generare un nuovo frutto.
In tantissime faccende é tutta una questione di cura e di essere certi rispetto a ciò che si vuole. Questo lavoro é sulle cose fatte a metà, sul perdere la speranza, sentirsi con le mani legate. Quando in realtà é spesso una questione di come si agisce, e con quale sensibilità e cura.
'Salt' é invece il lavoro più grande che abbia mai realizzato. Al momento sto organizzando il montaggio di 11 stecche di sale per il museo di Winterthur, a dicembre.
É un lavoro che, per sua natura, cresce e ad ogni mostra aumenta ulteriormente di dimensione.
Il progetto nasce dal mio desiderio di unire due aspetti: il primo è significato di cristallizzazione, che sul piano chimico coincide con la purezza di un materiale, dunque l'interesse per il processo che conduce alla formazione di una figura autentica e primordiale.
Il secondo è rappresentato invece dallo sguardo obiettivo sul significato della mostra stessa, quindi agli agenti, le persone coinvolte, i meccanismi imposti dal mercato, la reazione del pubblico a ciò che viene proposto.
Il personale dello spazio che di volta in volta ospita questo lavoro, viene istruito a mescolare acqua bollente e sale per ottenere una soluzione salina. Salendo le scale deve quindi rovesciare la soluzione nella bottiglia posizionata in alto, in corrispondenza di tutte le stecche precedentemente preparate (all'inizio si tratta solo un filo di lana che pende dalla bottiglia).
Ogni due giorni questa operazione di 'innaffiamento' si ripete e la soluzione che cola giù, lungo la lana, consente al sale di formare dei cristalli, che pian piano crescono. L'eccesso della soluzione è portato a cadere verso il fondo, su una piastra dello stesso materiale del pavimento. Questo fenomeno crea un 'disegno di sale' ogni volta differente, legato alle caratteristiche della stecca dal quale si sviluppa e dalle condizioni dello spazio espositivo: umidità, temperatura, vento, contatto con le persone, cura da parte del personale e durata della mostra.
Ciò che rimane al termine del periodo di mostra sono le piastre con i disegni.
'Salt' è comunque un lavoro un po' critico. Nel momento in cui chiedo alla curatrice del museo o al gallerista di produrre e curare lui il lavoro, voglio sottolineare quali sono i meccanismi che servono per far crescere il lavoro e la presenza di un artista nel mondo dell'arte. Spesso il valore di un lavoro viene creato da un curatore o da un gallerista...

 

salt 04

Salt, 05.05 - 06.09.14, Maja von Meiss, Galerie Weiertal, Winterthur. Sale, acqua, plastica, ferro, lana, cartone non trattato, legno. Dimensioni variabili. Courtesy l'artista.

A.L.
Attraverso la fotografia, il video e le installazioni, riesci a catturare, analizzare e documentare 'attimi' e frangenti molto particolari. Tutti i tuoi lavori sono portatori di esperienze estetiche estremamente delicate e 'raffinate'. Natura e scienza interagiscono e dialogano in maniera perfetta. Questa iconografia così poetica ed essenziale da dove proviene?

E.M.
Hmmmm. Credo che sia parte di me. L'estetica, almeno. Vorrei creare lavori che riflettano la fragilità e l'impossibilità del catturare veramente un attimo. Che anche loro svaniscono e si rompono facilmente. Non puoi stringerli e dunque possederli. Questo è il sentimento che cerco nella realizzazione finale dei lavori.
L'estetica, inoltre, è una parte potente di ogni lavoro e la prima cosa che parla all'osservatore. Per me è dunque importante che essa sia in grado di catturare l'attenzione dell'osservatore, anche solo per un attimo, in modo che possa stimolare la sua voglia di scoperta e di andare oltre.

 

salt 03

Salt, 05.05 - 06.09.14, Maja von Meiss, Galerie Weiertal, Winterthur. Sale, acqua, plastica, ferro, lana, cartone non trattato, legno. Dimensioni variabili. Courtesy l'artista.

A.L.
Gli alberi, la neve, le montagne e il mare sono attori che, nei tuoi lavori, richiedono il dialogo partecipato di chi osserva. Qual'è, a tuo avviso, il ruolo odierno dell'uomo all'interno della natura?

E.M.
Come ho anticipato sopra sono sempre cresciuta in città.
Credo che la forza della natura (quando si trovano ancora luoghi non ricoperti da case e costruzioni), intesa come luogo di rifugio per l'uomo, non sia cambiato molto negli ultimi anni.
Posso comunque solo parlare per me e per le persone che conosco...
Quando abbiamo bisogno di chiarimenti, o di ritrovare un contatto autentico con noi stessi, andiamo in cerca di un luogo vasto e vuoto. Dove il vento fa inumidire la pelle. Dove siamo esposti. Per poter distinguere e fare riemergere, dal mare di informazioni e pressioni all'interno del quale navighiamo, le cose realmente importanti per noi stessi. Credo che la forza della natura sia ancora oggi tanto potente da farci sentire piccoli e insignificanti.
Credo che questo sia il nostro ruolo, di tornare piccoli come una formica, al di fuori dei nostri palazzi e dei nostri imperi. Per poter continuare a fare parte di questo mondo.

salt 02

Salt, 05.08 - 27.08.14, Ulrich Görlach, MFA Förrlibuckstrasse 62, Zürich. Sale, acqua, plastica, lana, tappeto. Dimensioni variabili. Courtesy l'artista.


Esther Mathis è nata in Svizzera nel 1985. Vive e lavora a Zurigo.