The return of beauty

 

L’artista olandese Herman de Vries (1931) è una figura fondamentale nell’arte europea della seconda metà del XX secolo, la cui importanza sta gradualmente raggiungendo una crescente attenzione internazionale. La mostra da Cortesi Gallery a Londra raccoglie una serie di esempi fondamentali del suo lavoro, per presentare i momenti cruciali della sua attività creativa.

 

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Veduta della mostra, “herman de vries. the return of beauty”, a cura di Francesca Pola, Cortesi Gallery London, 19 settembre-18 novembre 2017. Courtesy: Cortesi Gallery Foto: Luke A. Walker


Fin dai propri esordi nel movimento internazionale di ZERO, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, de vries ha costantemente lavorato su un’idea di essenzialità ed elementarità espressiva, compositiva e operativa, cercando di ricreare, attraverso l’operazione artistica, i meccanismi fondamentali della vita. Nel suo lavoro, caratterizzato attraverso i decenni da una straordinaria ricchezza inventiva di soluzioni e sperimentazioni materiche e linguistiche, l’arte, la scienza e la filosofia vengono costantemente messe in relazione tra di loro e con la realtà del mondo. Obiettivo di questa mostra è presentare tale complessità concettuale ma anche immediatezza sensoriale del lavoro di de vries, l’incontro con il quale costituisce sempre un’esperienza unica, di eccezionale intensità fisica e mentale.

La mostra prende le mosse da alcune opere del ciclo delle “random objectivation” (oggettivazioni casuali) dei primi anni Settanta, composizioni elementari geometriche e monocrome bianche, influenzate dalla cultura orientale del buddismo zen e del taoismo, e concepite quale antidoto alla soggettività ed espressività emotiva delle precedenti tendenze europee informali.
A partire poi dalla metà degli anni Settanta, de vries si è concentrato su materiali, processi e fenomeni naturali, presentandoli come realtà primarie e fisiche dell’esistenza umana: da allora, raccoglie, ordina, isola e presenta frammenti di natura e cultura, dirigendo la nostra attenzione sia verso l’unicità che verso la diversità del mondo che ci circonda. Sono così presenti in mostra lavori realizzati con materiali organici come terre provenienti da diverse parti del mondo, foglie, fiori e piante di varia origine vegetale, pietre, ceneri, legno, carbone. Fulcro di germinazione dell’opera di de vries è il biotopo da lui sviluppato a Eschenau, in Germania, dove risiede, e durante i suoi viaggi in tutto il mondo. La terra in particolare, come espressione fisica di diversi luoghi, è per de vries anche un elemento simbolico, che diviene traccia di differenti culture, e viene utilizzata come pigmento naturale che intende presentare le dimensioni cromatiche essenziali e primarie del mondo.
In dialogo con i lavori costituiti da elementi naturali, vi sono opere nelle quali è invece il linguaggio stesso, visivo e convenzionale, con l’isolamento ripetuto di un singolo segno o di una singola parola, a costituire l’elemento primario e fondamentale dell’opera. La scelta di tali parole non è puramente casuale ma determina una riflessione concettuale sul nostro essere nel mondo: termini come endless (senza fine), this (questo), happy (felice) e soprattutto change (cambiamento), presenti in queste opere, sono tutte parole chiave per comprendere l’essenza del lavoro di de vries, fondato su una dialettica fondamentale tra determinazione e indeterminazione, costruzione e distruzione, regolarità compositiva e libertà espressiva, sempre e comunque risolta nel momento fondamentale dell’esperienza irripetibile e unica del momento.

 

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Veduta della mostra, “herman de vries. the return of beauty”, a cura di Francesca Pola, Cortesi Gallery London, 19 settembre-18 novembre 2017. Courtesy: Cortesi Gallery Foto: Luke A. Walker

Biologo e scienziato egli stesso, de vries ritiene che i processi e i fenomeni naturali non possano essere tradotti e spiegati unicamente in termini razionali: tutto il suo lavoro tende a questa trasposizione poetica e sospesa del significato della vita, concentrandosi sulle relazioni complesse tra natura e cultura, e su come queste due componenti della nostra esistenza si influenzano a vicenda. L’opera che conferisce il titolo alla mostra, The return of beauty (2003), è costituita da una raccolta di artefatti di origine umana che, nella loro condizione di frammenti inutilizzati dopo che ne è cessata la funzione, ritornano parte del processo naturale: è un invito a ritrovare appunto il “ritorno della bellezza” di questa dimensione primaria che li connota, come tracce di vita tra natura e artificio.
Una delle parti più coinvolgenti della mostra è poi l’installazione rosa damascena, realizzata in loco e costituita da una fortissima esperienza poetica e sensoriale, indotta dal colore ma soprattutto dal profumo di decine di piccoli bulbi di rosa, collocati a costituire uno spazio circolare al centro dell’esposizione, attorno al quale ciascun visitatore vive una esperienza immediata differente e di grande energia psicofisica. La sostanza multisensoriale della mostra, dove l’incontro con l’opera di de vries avviene a diversi livelli di percezione (da quella visiva, a quella olfattiva, a quella concettuale), conferma così la straordinaria vitalità dell’opera di questo autore.

 

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Veduta della mostra, “herman de vries. the return of beauty”, a cura di Francesca Pola, Cortesi Gallery London, 19 settembre-18 novembre 2017. Courtesy: Cortesi Gallery Foto: Luke A. Walker

 

HERMAN DE VRIES
The return of beauty
A cura di Francesca Pola
Cortesi Gallery, Londra
Fino al 18 novembre 2017