Natura, materia, relazione
di Maria Chiara Wang
A distanza di poche settimane dalla conclusione della mostra personale STRATARIUM di Elena Redaelli a cura di Barbara Pavan presso EconomArt di Amy-d Arte Spazio Milano intervistiamo l’artista e approfondiamo insieme a lei le peculiarità della sua ricerca dai temi trattati alle tecniche impiegate, dalla filosofia che sostanzia e supporta la sua pratica ai materiali adoperati.
Citando Barbara Pavan: "Arte e ricerca convergono in una pratica [la tua] che ha nel corpo il suo strumento di indagine e sperimentazione": in che modo questi tre elementi si articolano nel tuo fare artistico?
La mia ricerca artistica utilizza il corpo sia come strumento di conoscenza del mondo che come medium di espressione e comunicazione. Attraverso una percezione sensoriale aperta/attiva/reattiva stabilisco una connessione profonda con l’oggetto delle mie indagini, sia esso una comunità allargata di esseri umani, animali o cose o l'atmosfera, il carattere distintivo di un luogo (Genius loci). L’interazione con l’ambiente avviene per intuizioni e tentativi dove l’errore è accolto e usato per rileggere i dati raccolti e procedere in nuove direzioni. I processi di creazione e documentazione, come l’oggetto d’arte, permettono nuovi percorsi di comunicazione. Domande continue e insaziabile curiosità non possono prescindere quindi da un lavoro che affonda le sue radici in una ricerca continua, sia teorica che pratica.
Infinite Slowness - Archive, 2021
Enclave Land Art, Val Gallinera, Spain
Performers: Lidia Meneghini, Rachel Harris, Alvaro Porras, Elena Radaelli e la roccia.
Durante la performance Infinite Slowness, in Val de Gallinera, il corpo entra in contatto con la roccia tramite il movimento somatico, sperimentando il passaggio di batteri, particelle e atomi presenti sulla superficie delle pietre e la relazione di due forze uguali che agiscono l'una sull'altra per attrito, scambiandosi forma, consistenza, calore e vibrazioni. Attraverso una presenza fisica reciproca pratichiamo la cura e sperimentiamo forme di affetto tra specie diverse.
La materia e la sua lavorazione sono un ulteriore aspetto che caratterizza la tua pratica: la carta e le fibre naturali vengono manipolate, compresse, piegate, sovrapposte con una modalità che ha affinità con e rimandi a quella dei processi geologici. Puoi approfondire questo aspetto?
Credo si tratti di un basilare processo di apprendimento attraverso un tentativo di mimesi. In questo caso faccio riferimento alla riproduzione intuitiva dei processi litogenici di formazione della roccia senza avere l’obiettivo di ottenerne una copia. Osservando il paesaggio e le sue forme le immagino come il risultato di movimenti, vibrazioni, frizioni, interazioni fra elementi. Tempo e materia in concrezioni rimangono come traccia visibile di un processo millenario del quale posso immaginare le antiche movenze. Così i gesti del mio fare vengono ripetuti e ripetuti, modificandosi e tornando uguali. Una dinamica che si instaura tra la mente e il corpo; una modalità cognitiva che passa dai sensi al cervello. Mentre realizzavo Quasi Static, ad esempio, ho compresso e agglomerato la fibra attuando a priori una costruzione della materia che ho poi utilizzato per lavorare. Le dinamiche coinvolte nella creazione vengono successivamente performate dall’opera dove le masse di aggregati di polpa di carta e lana sono mantenute insieme in modo più o meno stabile. L’opera-sistema attua una trasformazione ideale impercettibile, quasi statica, dove gli stati di sviluppo intermedi sono prossimi all’equilibrio. I corpi tendono verso la vera trasformazione.
Anche il tempo che si percepisce dinnanzi alle tue opere è un tempo che si distacca dalla frenesia contemporanea per abbracciare una dimensione più vicina a quella lenta con la quale gli eventi meteorologici plasmano la morfologia terrestre. Qual è il tuo rapporto con Chronos e Kairos?
Il concetto di tempo è peculiare nell’ambito dei progetti sviluppati a partire dal 2020, con Infinite slowness presentato a Viborg Kunsthall, a ora. Staccandosi da una concezione quantitativa (Chronos), il tempo che mi interessa (Kairos) assume un valore semantico per entrare in comunicazione con un essere non umano. Il progetto, tutt’ora in fase di sviluppo (tempo dilatato) si propone d’indagare la vitalità delle rocce e la loro capacità di muoversi, riprodursi, ricordare e comunicare. In un ecosistema dove tutto è interconnesso anche uomini e rocce sono interdipendenti. Il tempo umano, la società, come i nostri corpi, sono in accelerazione costante, sono fragili ed effimeri. La roccia, in costante ma lento mutamento, è una stratificazione di tempi millenari che custodisce memorie passate e la storia del nostro passaggio. Lenta, persistente nella sua calma trasformazione.
Quasi-static, 2022
Polpa di carta riciclata e feltro
Installazione site-specific
Dimensioni variabili
Da quanto già detto emerge l'importanza del legame con la Natura: che tipo di scambio intercorre tra la tua ricerca e l'ambiente in cui trova realizzazione e applicazione?
La mia concezione della natura e dell’ambiente dove nascono e spesso si attuano i miei progetti è informata sia dalla percezione sensoriale, primario contatto del mio corpo con la sua estensione al di fuori della pelle, che da un approfondimento continuo rispetto al suo ruolo e al concetto di natura in sé, che attivamente metto in discussione. Questo mi aiuta a contestualizzare criticamente il mio lavoro. In Ecology without Nature, Timothy Morton mette in discussione l’immagine stessa che abbiamo di natura analizzando le pratiche artistiche, dal romanticismo a oggi, e come questa fenomenologia abbia definito o distrutto l’idea e il ruolo salvifico che gli viene attribuito. Invece di mettere la “natura” su un piedistallo e considerarla come un feticcio da ammirare, o qualcosa in cui “siamo immersi”, essa è ridefinita al di fuori di principi trascendentali. Mi interessa che il mio lavoro nasca e si evolva attraverso una relazione attenta ma anche critica, di presenza e cura verso l’ambiente.
La tua arte abbraccia anche l'importante funzione di strumento conoscitivo, attivo e relazionale: puoi parlarci delle tue pratiche ecologiche e dei progetti condivisi con le comunità?
Il mio lavoro si muove nello spazio dell’inter-azione. Tornando all’importanza della corporeità come esperienza diretta del tempo e dello spazio anche l’esperienza dell’altro è concreta, avviene attraverso l’incontro diretto (“Face to face encounter”, Levinas (1)). Questo aspetto corporeo, sensoriale dell’interazione mi appare essenziale nello sviluppo di un’estetica dialogica e relazionale, sia nello sviluppo di pratiche ecologiche che di comunità. In questo contesto è interessante come Levinas introduca il concetto di respons-ability ossia la capacità di rispondere - dare e avere - in opposizione ad una visione autoritaria che sottintende una prospettiva di dovere e obbligo.
“Responsibility in and for the worldings in play in these stories requires the cultivation of viral response-abilities, carrying meanings and materials across kinds in order to infect processes and practices that might yet ignite epidemics of multispecies recuperation and maybe even flourishing on terra in ordinary times and places.” (2)
__Staying with the Trouble, Donna Haraway 2016
Queste sono state le basi sulle quali si è fondato, nel 2020, il collettivo artistico di cui faccio parte: ZAC – Zest Artist Collective (Elena Redaelli, Imke Rust, Karin van der Molen, Lucia Loren e Sally Kidall).
Attraverso un'intensa collaborazione e un approccio interdisciplinare, ZAC esplora pratiche co-autoriali basate sulla condivisione delle conoscenze, lavorando per comprendere le relazioni simbiotiche con il nostro pianeta e con gli altri essere viventi.
Questi processi collaborativi sono espressi attraverso un’estetica che si basa sulle relazioni, come teorizzata da Nicolas Burriaud. Secondo il critico d’arte francese, l'arte relazionale comprende "un insieme di pratiche artistiche che prendono come punto di partenza teorico e pratico l'insieme delle relazioni umane e il loro contesto sociale, piuttosto che uno spazio indipendente e privato" (3). L'opera d'arte crea un ambiente sociale in cui le persone si riuniscono per partecipare a un'attività condivisa. Bourriaud sostiene, inoltre, che "il ruolo delle opere d'arte non è più quello di formare realtà immaginarie e utopiche, ma di essere effettivamente modi di vivere e modelli di azione all'interno del reale esistente, qualunque sia la scala scelta dall'artista” (4)
Uendelig Langsomhed, 2020
Viborg Kunsthall, Viborg, Danmark
Video, corpo, movimento, tempo, carta fatta a mano e disegno a matita.
https://www.youtube.com/watch?v=eGspQodfUoA&list=LLqOinLTfhQ_7S_etkdwCjeg
Ph. Aurelia Matasari
Strata of time, 2020
Carta realizzata a mano con fibre di barbabietola in teca di vetro. La forma della scultura è stata definita dall’azione spontanea del tempo atmosferico e dei microorganismi presenti nella località di Asso in provincia di Como.
Dimensioni: 20x20x20 cm
(1) "La responsabilità in e per i mondi in gioco in queste storie richiede la coltivazione di capacità di responsabilità virale, veicolando significati e materiali attraverso i generi al fine di infettare processi e pratiche che potrebbero ancora accendere epidemie di recupero multispecie e forse anche di fioritura sulla terra in tempi e luoghi ordinari." (Staying with the Trouble, Donna Haraway 2016).
(2) "Ethics and the face” Levinas, E. (Sec III, B) in Totality and infinity, trans. Alphonso Lingis (Pittsburg, Pa.: Duquesne University Press, 1961).
(3) Bourriaud, Nicolas (2002). Relational Aesthetics. Dijon: Les presses du réel. p. 113.
(4) Ibidem.