IL GIARDINO DEL PERDONO
di Gustafson Porter
In una città come Beirut, che recentemente è stata devastata dalla guerra civile, il simbolo forse più potente, in grado di ridonare un senso identitario e di appartenenza comune alle persone, è quello del paesaggio.
Un puzzle rappresenta il paesaggio racchiuso tra i confini del Libano, un attimo integro e subito dopo in frantumi, come simbolo della fragilità di quel contesto. L'azione di comporre il puzzle, evoca il percorso che il Paese e i suoi abitanti hanno compiuto, con l'intento di diventare entrambi un'unica entità prosperosa. I cambiamenti culturali, avvenuti in maniera pacifica ma anche forzata, hanno contraddistinto la storia del Libano. Beirut costituisce in questo senso un micro cosmo del paesaggio nazionale politico, sociale e urbano.
Il giardino, inteso come luogo comune, è l'occasione per portare persone con orientamenti culturali diversi, all'interno del medesimo spazio, al fine di mettere in atto un processo di guarigione.
Il Giardino del perdono è considerato allegoricamente come il simbolo di tre 'luoghi' fondamentali: il passato, il presente e il futuro. Oltre al dialogo tra passato e futuro, la fisiografia del Libano gioca un ruolo importante all'interno dell'organizzazione spaziale dello schema in pianta e sezione. Come è possible perdonare le persone che in passato hanno combattuto contro di te e la tua famiglia?
Ispirandosi in parte all'idea di Alexandra Asseily (fondatrice del progetto), secondo la quale il perdono è un atto liberatorio che dona agli esseri umani la capacità di seminare la pace, il team di progettazione ha scelto di lasciare da parte le questioni religiose, privilegiando invece il principio di ricerca di un territorio comune.
Il paesaggio del Libano offre contrasti straordinari: le montagne innevate, i prati fioriti, le gole e i fiumi all'interno delle foreste, le valli terrazzate e coltivate e la lunga costa rocciosa. La sua bellezza senza tempo crea forti legami emozionali. La città di Beirut, con i suoi riferimenti in scala a questi paesaggi, patrimonio nazionale, è un micro cosmo che racchiude tutto questo. Una città che si sta ricostruendo e che guarda al futuro con l'obiettivo di ricreare un senso di comune appartenenza. Seguendo questi principi, le persone che entreranno nel giardino, indipendentemente dalla loro estrazione culturale o religiosa, potranno riconoscere un'esistenza comune, con la speranza che attraverso la contemplazione, si possa incontrare e scoprire l'esperienza del perdono.
Il Giardino del perdono è stato progettato dunque per essere un'esperienza visiva ed emozionale. Il suo accesso tramite rampe da entrambe le estremità, ne impedisce una veduta univoca, mentre dai lati est e ovest, lo schema disegnato sfrutta sezioni fra loro differenti, come opportunità per creare giochi di luce e texture vegetali. Hadiqat as Samah / Giardino del perdono, nasce ed esiste grazie e per mezzo della devastazione, dello scavo, dell'interpretazione e della conversione. La sua presenza nel cuore di Beirut vuole dunque evidenziare la tensione che esiste tra la distruzione e la creazione. Processi che, come afferma Octavio Paz, sono sinonimi agli occhi degli Dei.