Acta Herbarium. Il giardino primordiale 

 

L'Acta Herbarium è un progetto realizzato dall'artista venezuelana Daniella Isamit Morales, in occasione della mostra 'Les sentiers battus sont pleins de fictions endormies' (che si è recentemente svolta presso il Filatoio di Caraglio, a cura di a.titolo) e nell'ambito del percorso di formazione e residenza del progetto 'Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto'.

 

Disegno Dicksonia antarctica giardino primordiale piante
			preistoricheTriassico Inferiore fossili di piante

Dicksonia Anctartica, tavola botanica della pianta

 

L'Acta Herbarium colleziona un elenco di piante, ancora viventi nelle zone transalpine, le cui antenate risalgono al periodo geologico del Triassico Inferiore. L'opera è un'installazione-giardino di conifere, lycopodium, cycas e felci, nel tentativo di descrivere un paesaggio primordiale.
Il progetto di un Giardino Triassico è nato dall'intuizione avuta durante un viaggio compito presso le Gole del Verdon. Navigando sull'altipiano, lungo il letto del fiume s'intravedevano le piante acquatiche affiorare in superficie. Il pensiero delle Alpi sommerse nel mare, duecento milioni di anni fa, a confronto con quelle piante ancora lì, ha stimolato la curiosità dell'artista, che ha immaginato che l'acqua conservasse un paesaggio nascosto, fatto di piante particolari, forse le più antiche del mondo. Da questa esperienza è nata la ricerca condotta a stretto contatto con l'Orto Botanico di Torino, l'Associazione Verde Antico, il Naturmuseum Südtirol di Bolzano e il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.

 

Daniella Isamit Morales Filatoio di Caraglio piante
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Daniella Isamit Morales Filatoio di Caraglio giardino
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Daniella Isamit Morales, Acta Herbarium, 2015, veduta dell'installazione presso il Filatoio di Caraglio (Cn). Foto Nadia Pugliese


Immaginando l'attuale altopiano della Gardetta, in Valle Maira, come un litorale con delle piccole isole, esistito in epoca giurassica, (proprio qui, nel 2008, sono state scoperte le impronte del dinosauro Ticinosuchus ferox), Daniella Isamit Morales ha scelto i fossili vegetali che si trovavano nelle vicinanze delle zone transalpine. Prendendo a esempio l'elenco dei fossili presenti nel Monte San Giorio, tra Italia e Svizzera, dove sono stati trovati i resti della stessa specie di dinosauro, l'artista ha selezionato e individuato un index di piante che costituiscono il cuore del progetto: Araucaria Heterophylla, Dicksonia Antarctica, Cycas Revoluta, Zamia Skinneri, Encephalartos Arenarius, Selaginella, Isoetes, Equisetum, Lycopodium Carinatum, Wollemia, Encephalartos Princeps.

 

Cycas revoluta giardino primordiale piante
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Araucaria Heterophylla giardino primordiale piante
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Cycas revoluta, Dicksonia Antarctica, Araucaria Heterophylla. Foto Nadia Pugliese. Courtesy l'artista


In conversazione con Daniella Isamit Morales:

Andrea Lerda
L'idea di lavorare su questo giardino primordiale è nata dal viaggio nelle Gole del Verdon, ma che cosa ti ha spinto a porre l'attenzione su questo particolare soggetto?
Daniella Isamit Morales
Durante quel viaggio sono combaciate linee di pensiero emerse in parte durante i precedenti viaggi fatti durante la residenza.
Da tempo riflettevo su concetti come quello di 'tradizione' e di 'origine', notando come quest'ultima sembrasse d'estinguersi nel momento in cui il tempo inizia ad esercitare il suo effetto. Data l'impossibilità di bloccare e definire un tempo specifico in cui 'avviene' un'origine, ho iniziato a notare due aspetti contrastanti: da un lato un fenomeno culturale completamente fluido in cui l'origine abita in un presente continuo che viene costantemente espanso, da un altro un gesto di resistenza, un tentativo di 'salvare' il tempo, bloccandolo in un'origine utopica.
Quando venni a sapere che Verdon custodiva dei reperti archeologici provenienti da diversi periodi geologici stavo navigando sul lago di quest'altipiano e ho osservato delle piante che spuntavano dall'acqua e scomparivano verso il fondo torbido. Ho immaginato che sotto di me ci fosse un paesaggio 'conservato' da quelle acque, fermo in un tempo indefinito, in cui si potessero trovare le piante più antiche del pianeta.
Quindi iniziai a domandarmi se potesse esistere la remota possibilità che certe specie di piante ancora viventi fossero esistite già durante un periodo geologico remoto, senza la presenza di vita umana, e forse ancora più indietro nel tempo.

 

1. Araucaria heterophylla 2. Encephalartos arenarius 3.
			Cycas revoluca 4. Zamia skinnery 5. Selaginella 6. Equiseti 7.
			Dicksonia antartcica 8. Lycopodium carinatum


A.L.

Perché il giardino e perché un passato naturale così lontano?
D.I.M.
Tornando su quello che dicevo, in cui ragionavo sul mutare dell'origine rispetto ad un rapporto col tempo, ho notato la corrispondenza che hanno queste piante con quella premessa. Ho pensato alle prime piante comparse sul pianeta come materia vivente in grado di riuscire ad accogliere in sé un ampio arco temporale, rispetto agli altri elementi presenti sul pianeta. Il gesto più naturale per me divenne raggrupparle in un'installazione, che in maniera metaforica può essere inteso come un 'giardino', un giardino-diorama che funzionasse come installazione e che contenesse questo tempo.

A.L.
C'è una relazione tra questo paesaggio arcaico e l'uomo odierno, o è un discorso puramente legato alla ricerca minuziosa su specie quasi del tutto estinte?
D.I.M.
Si, c'è una piena relazione tra il passato lontano e il modo in cui l'uomo decide di raccontare la storia a se stesso e questo rapporto porta in luce un nuovo piano di lettura del lavoro.
Mi affascinava poter tentare di descrivere uno scenario che non fosse stato contaminato dallo sguardo e dalla presenza umana. Il passato lontano porta con sé questa caratteristica, questa probabilità, con cui sia la metodologia di ricerca della paleobotanica, sia l'immaginazione, si devono per forza confrontare. Nel campo della paleobotanica, una traccia viene legata alla successiva da invenzioni e speculazione. La cultura per certi versi ha un'origine simile: inventiamo e trasmettiamo dei concetti, che vengono ripetuti da altri chiamandoli 'citazioni', e quando questo modello viene ripetuto nel tempo gli diamo il nome di 'cultura'. Questo avviene anche a ritroso nel tempo, infatti costruiamo il passato utilizzando ciò che ci circonda, e questo è il modo in cui vengono costruiti i diorami. Il mio lavoro non è un vero e proprio diorama, ma un tentativo di rendere esplicito il rapporto tra un passato lontano e lo sguardo dell'uomo contemporaneo.

A.L.
Quale significato riveste per te questa natura così arcaica? Quali sensazioni o dimensioni vuoi evocare in chi guarda?
D.I.M
Il confrontarmi con una natura così antica per me ha un significato molto ampio, che mi ha permesso di sbozzare, in modo forse sobrio e poco retorico, l'immaginario legato al concetto di 'primitivo', spesso legato alle simbologie e ai miti dell'esotico, sottoposti spesso a dei cliché e degli stereotipi.
E' un tentativo di raccontare un paesaggio primordiale, un oggetto che fa soffermare il tempo e che in quel gesto 'sposta' l'origine geografica: ci sono infatti delle piante le cui antenate risalgono alle zone transalpine che però oggi si possono trovare soltanto in Costa Rica, Panama e Sud Africa.
A un primo sguardo è probabile che non siano evidenti tutte le suggestioni da cui sono partita. Il titolo Acta Herbarium potrebbe essere letto come un concetto tautologico, una verità da accettare e su cui non ragionare ulteriormente: c'è un titolo che riporta a delle piante e nell'installazione ci sono delle piante. Vorrei che il progetto suscitasse interrogativi, piuttosto che limitarsi alla soddisfazione passiva di una curiosità.

Equiseti, Lycopodium carinatum. Foto Nadia Pugliese. Courtesy l'artista